Assemblea 2017: Workshop - I parte

Mons. Paglia: la vita non è un codice di assemblaggio! Prof. Pessina: se conta solo avere un figlio, tutto è legittimo!

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Città del Vaticano, 5 Ottobre 2017 - Giovedì pomeriggio nell’Aula del Sinodo, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, sono entrati nel vivo i lavori dell’Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita (Pav).

Il Presidente mons. Vincenzo Paglia ha tenuto la relazione introduttiva ai lavori sottolineando che “è necessario recuperare una dimensione ampia della vita, contro ogni riduzionismo”. “La vita non è un codice di assemblaggio ma è l’attitudine ad abitare relazioni interpersonali tra uomo e donna. La loro alleanza generativa è parte integrante dell’esperienza della vita umana, è la guida di tutta la storia”. E per questo secondo mons. Paglia è oggi più che mai necessario chiedersi “cosa oggi possiamo e dobbiamo chiamare vita umana” di fronte ai continui spostamenti in avanti della scienza.

Con questa premessa la discussione è entrata nel vivo sui temi della procreazione medicalmente assistita con la relazione del prof. Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano. “La generazione umana – ha notato – non è riducibile a un atto, ad una funzione, a una intenzione ma è una relazione interpersonale che si dispiega nel tempo e non sopporta stravolgimenti”. Invece la “relazione interpersonale” tra uomo e donna è “insostituibile” perché il “figlio” “non può essere oggetto del desiderio individuale” ed è limitativa la “delega” che viene data dai genitori ai medici in campo generativo quando “permettono alle biotecnologie di sostituire con il laboratorio la loro funzione riproduttiva”.

Intervenendo in risposta al prof. Pessina, Roberto Dell’Oro (Usa) della Loyola Marymount University di Los Angeles ha notato come “nelle gioie e nei dolori dei concreti esseri umani giacciono le tracce del dono che noi siamo, non per noi stessi ma per gli altri. Qualcuno lo chiama il mistero della vita, noi lo chiamiamo Dio”. Graciela Moya, dell’Università Cattolica di Buenos Aires, ha posto all’assemblea una domanda a suo avviso fondamentale: “se i genitori accettano di concepire i figli attraverso tecniche di procreazione assistita allora cosa li motiva a fare ricorso a terzi? Perché accettano che gli embrioni vengano congelati o siano scartati o donati per la ricerca?”. L’auspicio “è che non si perdano le connotazioni morali dell’atto medico”.

Sul tema della genitorialità Helen Watt del Centro di Bioetica di Oxford (Regno Unito) è partita dalla universalmente riconosciuta importanza delle connessioni genetiche, tanto quanto quelle sociali. Quindi “è importante che la genitorialità sia trattata come un dono in modo che i figli sappiano chi sono e da dove vengono mentre i meccanismi scientifici attuali comportano il rischio di una deumanizzazione del ruolo e dell’importanza della persona ed occorre riflettere di più su tali aspetti”. Riflettendo su tale impostazione Chiara Giaccardi, docente di Antropologia e Sociologia dei Media alla Cattolica ha notato che “non basta appropriarsi del processo biologico per generare. Si possono, da sempre, mettere al mondo figli senza essere veramente genitori, o essere veri padri e madri senza legame di sangue. Il desiderio di genitorialità può prendere tante forme diverse, che non sono 'surrogate' più di un utero in affitto. Il movimento del fabbricare attraverso l’astrazione, per dominare, è opposto a quello del generare nella concretezza , che si apre a ciò che è altro, che interpella, che rinnova in direzioni che non avevamo previsto, alle quali ci affidiamo”.

In conclusione, Carter O. Snead (Notre Dame University - Indiana) ha parlato dell'importanza dell'adozione. "L'adozione è creare una famiglia tramite l'amore e la storia condivisa piuttosto che tramite un legame biologico. Si tratta dell'innessto di un figlio in un nuovo albero genealogico, accogliere un nuovo membro nella famiglia - un luogo di appartenenza e amore incondizionato”.