Mons. Paglia: i trapianti di organi e la dimensione della gratuità

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Roma, 21 novembre.- «Il tema dei trapianti d’organi e di tessuti interessa in maniera particolare l’Accademia per la Vita sia per il suo valore medico-scientifico sia per il suo senso etico-antropologico». Lo ha sottolineato mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, oggi pomeriggio nell’intervento di apertura dei lavori del 43esimo Congresso Nazionale della Società Italiana dei Trapianti d'Organo e di Tessuti che si svolge a Roma dal 21 al 23 novembre.

Il valore e l’importanza della «donazione» di organi e tessuti è sottolineato e riconosciuto da san Giovanni Paolo II (1995 Enciclica Evangelium Vitae) e Benedetto XVI (2008, Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita). In tal senso mons. Paglia ha elencato i modi in cui «si esplica il legame tra donatore e ricevente». «Nella donazione da vivente, il donatore offre un organo in ragione del legame – di sangue o affettivo – con il ricevente; ad esempio, un genitore dona al figlio, la moglie al marito. Nella donazione da cadavere, il donatore – e, ove non sia espresso, gli aventi diritto – dona alla comunità, che attraverso enti preposti distribuisce gli organi secondo parametri specifici. Il donatore non sceglie chi sarà il ricevente, non lo conosce. Infine c’è una modalità di donazione chiamata Buon Samaritano. Un soggetto vivente dona un suo organo senza voler sapere chi sarà il destinatario, che sarà scelto secondo criteri stabiliti dalla comunità scientifica».

Con il trapianto di organi «si realizza una delle dimensioni centrali del vivere: la dimensione della gratuità». Al contrario «ogni azione tendente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unità di scambio o di vendita, risulta moralmente inaccettabile, poiché viola la stessa dignità della persona».

Nel suo intervento mons. Paglia ha inserito la dimensione del dono all’interno di una più ampia visione delle relazioni umane. Donare «non è una scelta eroica, un altruismo esasperato», come a volte sostiene una pubblicistica sensazionalista. Piuttosto va sottolineata la dimensione «ordinaria» del dono: «nessuno di noi esisterebbe al mondo se la vita non ci fosse stata donata». È proprio «la “logica” del dono a rivelare la verità profonda dell’umano, che è la “logica” della generazione, che è insieme essere generati e generare, perché “voler bene” significa “far essere”. In questa prospettiva si comprende il nesso tra donare a chi si conosce, la donazione da vivente, e donare alla comunità, la donazione da cadavere e la donazione del buon samaritano: riconoscere quanto si è ricevuto dall’altro, dagli altri, dalla comunità tutta. È in ragione della costitutiva relazione ad altri, che in libertà ci si apre al dono».

Riferimenti: san Giovanni Paolo IIEvangelium Vitae par. 86: «(…) la celebrazione del Vangelo della vita chiede di realizzarsi soprattutto nell'esistenza quotidiana, vissuta nell'amore per gli altri e nella donazione di se stessi. (…) Al di là dei fatti clamorosi, c'è l'eroismo del quotidiano, fatto di piccoli o grandi gesti di condivisione che alimentano un'autentica cultura della vita. Tra questi gesti merita particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza».

Benedetto XVI (7 novembre 2008): «La donazione di organi è una forma peculiare di testimonianza della carità. In un periodo come il nostro, spesso segnato da diverse forme di egoismo, diventa sempre più urgente comprendere quanto sia determinante per una corretta concezione della vita entrare nella logica della gratuità».

TESTO INTEGRALE

Roma, 21 novembre 2019