Equità nella Salute e nel Benessere. Guarire e trasformare il sistema per fornire un unico standard di cura
Madrid, 6 ottobre 2022. Le parole d’ordine di una sanità improntata al bene dei cittadini e dei pazienti dovrebbero essere: solidarietà, giusto equilibrio tra educazione sanitaria attenta alla prevenzione, medicina territoriale e strutture ospedaliere, continuità e integrazione delle cure.
Lo ha ribadito mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nella relazione introduttiva alla seconda giornata dei lavori del Congresso Internazionale dell’organizzazione medica “Somos Community Care”, a Madrid, il 6 ottobre. Mons. Paglia conosce da vicino la realtà di “Somos Community Care” che ha visitato a Brooklyn, New York, nel marzo di quest’anno.
Mons. Paglia ha affrontato il tema “Equità nella Salute e nel Benessere. Guarire e trasformare il sistema per fornire un unico standard di cura”. La pandemia Covid-19, ha spiegato mons. Paglia, ci ha messo di fronte a problemi complessi, che riguardano il rapporto medico-paziente, l’equità nell’accesso alle cure, il rapporto tra costi e benefici, l’allocazione delle risorse economiche nella sanità.
Elencando i diversi elementi concreti di una visione a misura d’uomo della medicina e della cura, mons. Paglia ha notato che “è nel contesto del rapporto medico-paziente che il medico di medicina generale potrà ridurre con prudenza lo sperpero delle medicine e delle prestazioni e aiutare il paziente a fare quelle scelte di stili di vita e di gestione della propria salute che siano il più possibile preventive nei confronti delle malattie e che lo portino ad assumere i doveri conseguenti verso la salute propria e quella altrui”.
Per quanto riguarda un giusto ed equilibrato uso delle risorse, “in relazione alla logica costi/benefici occorre anzitutto porre una condizione. Se su un piatto della bilancia poniamo il rischio economico e sull’altro la vita di una persona, allora qualunque costo economico potrebbe essere giustificato. Occorre dunque avere ben chiaro il valore trascendente della persona umana anche in campo economico. È vero che le risorse di uno Stato non sono infinite, ma questo fatto comporta che nell’ambito della disponibilità venga operata una gerarchia di scelte a partire dal primato dell’uomo a cui vanno subordinati i valori economici. Prima di dire che non ci sono fondi, bisogna anche verificare bene come questi vengono impiegati”.
Su rapporto tra rischi e benefici nelle cure, è necessario considerare il “criterio della proporzionalità diagnostico-terapeutica ed etica, che si riferisce piuttosto al rapporto tra le caratteristiche dei trattamenti (includendo costi, reperibilità, difficoltà di applicazione…) e l’efficacia diagnostica/terapeutica sulla salute e sulla vita, tenendo anche conto dell’onerosità e della sofferenza che una manovra medica comporta per il paziente”.
All’inizio della pandemia, ha notato mons. Paglia, “la focalizzazione sull’assistenza ospedaliera, tuttavia, ha distolto l’attenzione da altre istituzioni di cura. Le case di riposo, per esempio, sono state duramente colpite dalla pandemia, e i dispositivi di protezione individuale e i test sono diventati disponibili in quantità sufficiente solo in una fase tardiva”. Inoltre “nella maggioranza dei paesi, il ruolo dei medici di base è stato ignorato, mentre per molti, sono il primo punto di contatto con il sistema assistenziale”.
La “vulnerabilità” delle persone, dei sistemi sanitari ed economici, anzi la “comune vulnerabilità” richiede “una cooperazione e coordinamento internazionali, nella consapevolezza che non è possibile tenere testa a una pandemia senza un’adeguata infrastruttura sanitaria, accessibile a tutti a livello globale”. La distribuzione del vaccino anti Covid-19 è un caso emblematico. “L’unico obiettivo accettabile, coerente con un’equa fornitura del vaccino, è l’accesso per tutti, senza eccezione alcuna. E la motivazione per questa disponibilità universale non può essere (solo) il proprio interesse di tutelarsi dalle varianti del virus. Occorre pertanto un’alleanza tra scienza e umanesimo, che vanno integrati e non separati, né, peggio ancora, contrapposti. Un’emergenza come quella del Covid-19 si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà. I mezzi tecnici e clinici del contenimento devono essere integrati all’interno di una vasta e profonda ricerca per il bene comune, che dovrà contrastare la tendenza alla selezione dei vantaggi per i privilegiati e alla separazione dei vulnerabili in base alla cittadinanza, al reddito, alla politica, all’età”.
In ogni caso, “non dobbiamo mai abbandonare la persona malata, anche quando non ci sono più trattamenti disponibili: cure palliative, trattamento del dolore e accompagnamento sono un’esigenza da non trascurare mai. Anche sul piano della sanità pubblica, l’esperienza che stiamo attraversando, e che speriamo essere ormai alle nostre spalle almeno nei suoi aspetti più drammatici, pone l’esigenza di una seria verifica. Essa riguarda l’equilibrio tra approccio preventivo e approccio terapeutico, tra la medicina dell’individuo e la dimensione collettiva (vista la stretta correlazione tra salute e diritti personali e salute pubblica)”.
“La fraternità indicata dal Vangelo si può moltiplicare con molti altri passaggi e messaggi diretti di Gesù. Ma per noi è il momento di compiere un passo in avanti: siamo interconnessi; il mondo è interconnesso e prima riusciamo a comprenderlo, prima saremo una vera comunità globale riunita sotto il segno della fraternità. Le barriere non esistono; le mettiamo noi e sono destinate a rivelarsi tristemente inefficaci e anche sciocche di fronte alle emergenze globali”.
Madrid, 6 ottobre 2022