Religioni e Neuroscienze: quale rapporto?
Un convegno alla Pontificia accademia per la vita Religioni e neuroscienze
11/06/2024 - Edizione OSSERVATORE ROMANO -
Pagina 10 BEATRICE GUARRERA
Religioni e neuroscienze: quale rapporto? Questo il tema del convegno che si è svolto nella mattina di sabato 8 giugno, presso la sede della Pontifica accademia per la vita in piazza di san Calisto a Roma. «È un rapporto che si colloca in quell’ampio quadro delle due culture», spiega a «L’Osservatore Romano» don Alberto Carrara, docente del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.
«Charles P. Snow, il grande letterato e fisico inglese, nel 1959 parlò appunto proprio delle due culture — precisa Carrara — cioè quella tecno-scientifica da una parte e quel grande ambito dell’umanesimo dall’altro. Quello tra religioni e neuroscienze è un rapporto che si colloca in questa tensione, che, in modo mediatico, diventa anche scontro, purtroppo, per problemi, molto spesso, di fraintendimento per l’uso di termini simili o anche uguali, ma comunque con contenuti semantici molto diversi». Sembra, infatti, che ci sia inconciliabilità tra razionalità tecnoscientifica e umanistica, in cui si colloca il tema della religiosità. In questo scenario, Carrara è intervenuto al convegno offrendo prospettive epistemologiche ed antropologiche in un percorso che va dalla neuroetica alla neuroteologia, «intesa come una sorta di ponte, di tentativo di conciliare una razionalità tecno scientifica — legata a indagare quelle che sono le basi neurofisiologiche di qualsiasi attività umana (inclusa anche l’attività spirituale, l’attività mistica) — e l’ambito di una riflessione che è una meta-riflessione e quindi va più in là del dato e riflette sul significato di che cosa è essere, dal punto di vista antropologico, non solo homo sapiens ma anche esseri spirituali». Secondo il docente, le neuroscienze possono arricchire l’indagine sulla dimensione antropologica fondamentale dell’homo sapiens, che è un essere intrinsecamente religioso: «Con determinate tecniche neuroscientifiche possiamo indagare quelle che sono alcune delle basi neurofisiologiche che abilitano l’essere umano alla manifestazione di questa spiritualità intrinseca». Il carattere interdisciplinare fa della neuroetica uno spazio di intersezione tra vari campi del sapere, dalle neuroscienze alla filosofia, dalla psicologia al diritto, dall’estetica alla medicina, dalla genetica e alla teoria dell’evoluzione.
Dunque il convegno — presieduto da Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia accademia per la vita, e da Andrea Lavazza dell’Università di Pavia e vicepresidente della Società italiana di Neuroetica (SINe) — ha incluso nella discussione ricercatori di diversa impostazione, uniti dalla volontà di arrivare a una migliore comprensione dell’essere umano. Se le neuroscienze abbiano dimostrato che il libero arbitrio non esiste è l’interrogativo su cui si è concentrato Filippo Tempia, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.
«Oggi le neuroscienze — ha affermato Carrara — entrano in tutto quello che sono gli stati alterati di coscienza, le sindromi neurologiche correlate delle alterazioni del giudizio e questo aiuta a capire meglio come il nostro sistema nervoso è complicato sempre in una scelta volontaria libera».
La discussione al convegno di sabato è stata arricchita dal contributo di Elena Lea Bartolini De Angeli della sinagoga progressiva Lev Chadash di Milano, di Ivan Colagè della Pontificia Università della Santa Croce e di Yahya Pallavicini, vice presidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana (Coreis). «L’apporto che le religioni possono dare — ha spiegato Carrara — è proprio la prospettiva specifica concreta di una tradizione: una tradizione che si apre anche al dialogo con i dati neuroscientifici, che si apre, mantenendo la propria identità, a un confronto con la scienza e che, appunto, può integrare o meno ciò che oggi le neuroscienze possono chiarire».