Mons. Paglia sull'Enciclica "Humanae Vitae"

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Si è aperto venerdì 19 maggio, a Roma il convegno sul tema “Humanae vitae, l’audacia di un’Enciclica sulla sessualità e la procreazione”, organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune. Nel saluto introduttivo, il cardinale Luis Francisco Ladaria, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha sottolineato l’importanza, il valore e l’attualità di Humanae vitae, elogiando l’iniziativa di studio e approfondimento di oggi e domani. Nel messaggio letto al convegno, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha invitato a interrogarsi sulla “distanza tra le indicazioni del magistero della Chiesa circa la generazione della vita e il vissuto quotidiano della società in generale, ma anche dei cattolici stessi”. In merito all’attualità dell’Enciclica, ecco alcune domande a monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

Monsignor Paglia, in passato lei ha affermato che la bioetica ci spinge ad una riflessione sul tema della vita in tutti i suoi aspetti. Oggi siamo chiamati ad affrontare la salvezza sia del pianeta, sia dell’uomo e la dimensione della bioetica globale richiede un’alleanza tra tutte le scienze. In questo senso, guardando ai documenti della Chiesa, qual è la sua valutazione sull’Enciclica Humanae vitae, a 55 anni dalla pubblicazione?

Vorrei soffermarmi su un aspetto che reputo essenziale. Mi riferisco al nesso costitutivo tra sessualità, amore sponsale e generazione, che è il tema di grande attualità della Humanae vitae. L’affermazione è da inscrivere all’interno del n. 9, dove Paolo VI ricorda le quattro “caratteristiche” fondamentali dell’amore coniugale: un «amore pienamente umano, vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale», un «amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale», un «amore fedele ed esclusivo fino alla morte», un «amore fecondo». L’amore coniugale, come tale, è fecondo, superando in un colpo solo la annosa questione del rapporto tra i fini del matrimonio, il fine primario (prolis generatio et educatio) e il fine secondario (mutuum adiutorium e remedium concupiscentiae). In questo modo, la fecondità della generazione veniva pensata come una caratteristica intrinseca all’amore coniugale e non una sua aggiunta successiva. Come saggiamente abbiamo capito oggi, è necessario interrogarsi su come la questione posta da Humanae vitae possa continuare ad alimentare la comprensione del nesso che intercorre tra sessualità, amore sponsale e generazione, che è emerso con maggiore chiarezza nella luce della prospettiva personalista. Ed è per questo che ritengo molto importante che si continui a riflettere e a discutere sull’argomento, come del resto ha ribadito Papa Francesco proprio a proposito del tema degli anticoncezionali, affermando «che il dovere dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica. Non si può fare teologia con un “no” davanti. Poi sarà il Magistero a dire: “No, sei andato oltre, torna”. Ma lo sviluppo teologico deve essere aperto, i teologi ci sono per questo» (Conferenza stampa durante il volo di ritorno dal Canada, 29 luglio 2022).

Qual è il messaggio ed il valore dell’Enciclica?

Il riconoscimento della connessione inscindibile tra amore coniugale e generazione, nell’Humanae vitae, non significa che ogni rapporto coniugale debba essere necessariamente fecondo. Con questa affermazione, l’Enciclica raccoglie l’apertura di Pio XII nella famosa Allocuzione alle ostetriche del 1951. È per tale ragione che, riprendendo peraltro una felicissima intuizione del Concilio (GS n. 50 e 51), Paolo VI riconosce che la procreazione dev’essere «responsabile» e – come è noto – indica nei metodi naturali il modo per realizzare tale responsabilità. Successivamente, nell’Esortazione post-sinodale Familiaris consortio, Giovanni Paolo II sottolineerà la necessità che la riflessione teologica approfondisca – oltre il semplice profilo biologico – la valenza antropologica e morale della «scelta dei ritmi naturali»: questa infatti «comporta l’accettazione del tempo della persona, cioè della donna, e con ciò l’accettazione anche del dialogo, del rispetto reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé» (32 d).

Nel paragrafo 14 di Humanae vitae, Paolo VI afferma che è illecito qualunque mezzo che impedisca la procreazione, un divieto che avrebbe provocato una “distanza” tra i fedeli ed il Magistero. Che cosa ne pensa?

Da parte mia sono d’accordo su ogni passaggio di Humanae vitae. Non troverà nessuno più di me accanitamente e tenacemente schierato a difesa della vita umana. Penso che questa Enciclica vada letta, oggi, nella sua attualità, che riguarda la generatività dei rapporti umani. Siamo di fronte a sfide epocali: negli anni Sessanta la ‘pillola’ sembrava il male assoluto. Oggi abbiamo sfide ancora più forti: la vita dell’intera umanità è a rischio se non si ferma la spirale dei conflitti, delle armi, se non si disinnesca la distruzione dell’ambiente. Vorrei ci fosse una lettura che integri Humanae vitae con le encicliche di Papa Francesco (e di Giovanni Paolo II) e con Amoris laetitia, per aprire una nuova epoca di umanesimo integrale. Integrale, abbandonando letture parziali. Del resto il cardinale Zuppi, nel suo messaggio, scrive che è “molto importante che si eviti di procedere per circoli ristretti e omogenei, che alla fine avrebbero l’intento di ribadire le posizioni dei partecipanti, senza attivare un dialogo sincero e autentico”. È vero, perché – ripeto – oggi la sfida del proseguimento, tutela, sviluppo, della vita umana, va posta a tutto campo, come ci insegnano Laudato si’ e Fratelli tutti.

È possibile collegare, e se sì in che modo, l’enciclica Humane vitae con l’esortazione Amoris laetitia?

Il collegamento è la famiglia. Ponendosi come il paradigma generativo dei rapporti antropologici fondamentali, la famiglia si rivela essere il “motore della storia”, un’autentica scuola di vita, aperta alla società e al mondo, un “laboratorio” di relazioni umane e di responsabilità civile. Così, di generazione in generazione, la famiglia apre sul mondo e trasmette un modo di abitarlo, segnato non dal possesso e dal dominio dispotico, ma dal dono e dalla responsabilità, secondo lo stile di quella ecologia integrale che Papa Francesco ha disegnato nell’Enciclica Laudato si’. In questo orizzonte, possiamo ben comprendere anche il profondo legame tra famiglia e Chiesa. Papa Francesco lo enuncia già nel III capitolo dell’Amoris laetitia, quando afferma che «la Chiesa è famiglia di famiglie» (AL 87) e aggiunge: «la Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa» (87).

(Intervista pubblicata da VaticanNews - 19 maggio 2023)